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L’enigma del cabalista – Marcello Simoni

Di Lettrice Per Passione
13 min

«Come se i messaggi non fossero armi!» […] «Si fanno le guerre, a causa di lettere e missive! Tramite di esse, la gente viene tradita, scomunicata e condannata al patibolo. Ci avete mai riflettuto? Poche righe d’inchiostro su una pergamena e un casato o un regno potrebbero cessare di esistere da un momento all’altro.»

Regina Maria d’Ungheria

Non so nemmeno da dove iniziare per descrivere la bellezza di questo libro di Marcello Simoni.
Innanzitutto ringrazio la casa editrice, Newton&Compton Editori, per avermi permesso di leggere questa novità in anteprima.

Che dire, Marcello ormai è diventato quasi un amico: ho letto tutti i suoi libri e li ho collezionati tutti. Questo suo ultimo romanzo introduce personaggi nuovi, come Basilio Cacciaconti, di cui mi sono innamorata già per il fatto che sia un rinnegato templare e per i modi un po’ rudi. Non al pari di Girolamo Svampa, che è il mio personaggio preferito creato dalla penna di Simoni, ma ci avviciniamo.

Come in ogni storia, Marcello inserisce una donna carismatica: in realtà, in questo romanzo ce ne sono ben due. La prima è Samira Vinelles, figlia di Malachia, un sapiente ebreo che conosce i segreti della qabbālāh; l’altra è la Regina di Napoli, Maria d’Ungheria, rinchiusa nel Castel dell’Ovo, proprio sul litorale partenopeo, e che sia Samira che il Cacciaconti hanno occasione di incontrare.

Dopo un prologo che vede protagonista il cardinale Pietro Colonna, nell’aprile del 1307, anno in cui si svolge la vicenda, proprio quando Papa Clemente V sta decidendo dove spostare la curia apostolica, per dare inizio a quella che viene chiamata dai più la «cattività avignonese». Al cardinal Colonna viene recapitata una missiva, che parla dell’Octagonum e che gli viene recapitata da un misterioso N.
Da qui la narrazione si sposta a Napoli, qualche mese più tardi, e il libro si suddivide in cinque parti, collegate tra di loro da colpi di scena finali e da una vicenda così intricata che inizialmente sembra che l’autore voglia portare il lettore da tutt’altra parte.

Siamo nel ghetto di Napoli, uno dei tanti, perchè si sa, Napoli all’inizio del XIV secolo è tutta un brulicare di menti, di etnie, è una città del Regno Angioino, governata dal Re Carlo II d’Angiò, il quale ha sposato Maria d’Ungheria, la Regina sopra citata.
Basilio Cacciaconti sta cercando Malachia Vinelles, perchè vuole scoprire il suo segreto e soprattutto ciò che ha creato, e per farlo si avvicina a sua figlia, Samira, la quale dà al Cacciaconti una notizia terribile: il padre si è consegnato di sua spontanea volontà alla Santa Inquisizione di Napoli ed è rinchiuso nel convento dei domenicani a largo della Morfisa. Il motivo della ricerca del Cacciaconti è il suo misterioso mandante, che l’ha inviato a Napoli proprio per cercare il maufé, un idolo che si dice sia stato creato da Malachia Vinelles e che abbia dei poteri incommensurabili.

Così, il Cacciaconti si trova invischiato in una ricerca che lo porta a toccare numerosi luoghi nella città di Napoli, numerose persone, come Arnaldo da Villanova, un maestro di scienza che si rifugia nella corte della Regina di Napoli, e che Basilio incontra mentre è sulle tracce di Papus, un sacerdote di un culto antico che dimora nelle catacombe della città partenopea. Persone come Oddone di Valdric, maestro dell’ordine dei Templari, di stanza a Napoli e capo della sua congregazione. Persone come il capo degli inquisitori di Napoli, Thomas De La Roche, meglio conosciuto come il Limosino, per la sua provenienza dalla zona francese omonima. Persone come la regina Maria di Ungheria, la regina di Napoli, che si rivela essere una donna forte, intelligente e caparbia.

Non vi racconterò le vicende del libro, perché starà a voi leggerlo e scoprire dove vi vorrà portare questa volta Marcello Simoni. Io so solo che questo nuovo romanzo ha dato il via ad una vicenda davvero intrigante, che l’autore ha pensato potesse essere una delle cause di quella che è una delle vicende più importanti della storia e più cruda, se posso permettermi, sperando che non si limiti solamente a questo libro e che il Cacciaconti ritorni in veste di investigatore (anche se probabilmente non sarà così, ma è solo un mio sospetto).

Non vi posso svelare di cosa si tratta, altrimenti non trovereste gusto a leggere il libro, ma sappiate che Marcello Simoni vi porterà di nuovo nella Napoli medievale, dopo la vicenda raccontata nel libro «Il castello dei falchi neri». Una Napoli governata dagli Angioini, un Regno nato da poco, dopo la scissione del Regno di Sicilia, che ha visto la nascita dei due regni – il regnum siciliae citra farum e quello ultra farum, divisione avvenuta con la pace di Caltalbellotta, nel 1302, dove Carlo II perse definitivamente la Sicilia. Nella Napoli del primo Trecento c’erano sì, i domenicani, ma anche i templari, che lì avevano una congregazione, mentre gli ebrei erano relegati in numerosi ghetti. Marcello Simoni ne prende ad esempio uno, quello di San Marcellino, per dare il via alla sua storia.

Quello che mi piace di Marcello è che si documenta, prima di scrivere un romanzo, studia i vari argomenti di cui tratta, pur mescolando la finzione alla storia. È questa la sua abilità, quello che più adoro dei suoi libri. Per quanta finzione possa esserci nei suoi romanzi e soprattutto licenza poetica, un fondamento storico c’è sempre. A differenza di altri scrittori che sì, scrivono romanzi storici, ma stravolgono completamente il periodo in cui ambientano i loro romanzi, Marcello Simoni riesce a creare quell’ambientazione impregnata di fatti, di storia vera e propria, che si compenetra all’avventura, al giallo da risolvere, al mistero. Persino con una semplice missiva firmata N.

È per questo che vale assolutamente la pena leggere i suoi libri: pur essendo per la maggior parte vicende inventante, vi sembrerà di camminare realmente con i personaggi che crea, tra le vie dei borghi o delle città in cui decide di ambientare le sue storie. Le emozioni che i personaggi di Marcello Simoni danno sono impareggiabili: da lettrice ormai navigata delle sue opere, ogni volta mi stupisco di come l’umanità dei protagonisti, maschili e femminili, si accompagni al fatto storico, alla vicenda realmente accaduta.
Qui si tratta di trovare un manufatto, il maufè, o demone barbuto. Più indizi non posso darvene.

Sappiate solamente che questo libro è stato una bellezza per la mente, per il cuore e per l’anima. Una lettura davvero interessante, che tiene incollati alle pagine.

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