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Il Codice Da Vinci – Dan Brown

Di Lettrice Per Passione
7 min

«La Bibbia non ci è arrivata per fax dal cielo.»

Sir Leigh Teabing

Questa è una delle citazioni che mi ha fatto più ridere in tutto il libro.
Bisogna prendere Dan Brown per quello che è: uno scrittore che sa raccontare favole, storie e lo sa fare con abile maestria.
Non bisogna prendere questo libro, così come gli altri scritti da lui, come romanzi storici, perchè non lo sono.

A parte qualche citazione corretta, il resto non ha fondamento.

Io ho letto il Codice Da Vinci per la prima volta a sedici-diciassette anni, andavo ancora al liceo. Era appena uscito e il fatto che divenne un caso editoriale non mi aveva toccata più di tanto. Ero curiosa di sapere cosa aveva scritto questo autore così tanto chiacchierato e così mi sono letta il libro. Inizialmente mi era piaciuto, ma venivo da un periodo in cui avevo appena letto «Il nome dell rosa», capitemi, quindi alla fine del romanzo ho chiuso il libro e mi sono detta: “Ma cosa diavolo ha scritto questo autore?”.

Dopo qualche anno, crescendo, sono venuta a sapere, leggendo il suo secondo libro, Angeli e Demoni, che in realtà quello è il primo libro scritto, infatti in qualche pagina del Codice da Vinci c’è qualche riferimento ad Angeli e Demoni, ma si sa, qui in Italia prima di pubblicare un libro che infanghi la Chiesa ce ne vuole.

In fin dei conti il Codice Da Vinci, se lo si prende per il romanzo che è, quindi una lettura leggera, senza tenere conto della storia e di aspetti che altrimenti farebbero rigirare i migliori storici ormai scomparsi nelle proprie tombe, è anche un bel libro. Ti fa seguire la storia passo passo, con qualche colpo di scena, qualche informazione buttata qua e là per dare una parvenza di dubbio sulla possibilità che effettivamente la storia possa essere proprio andata in questo modo, un cattivo che fa parte di una società non tanto segreta, ma piena di soldi e il nostro Robert Langdon (che ora, tutte le volte che leggo questi libri, ha la faccia di Tom Hanks!).

Robert Langdon è un personaggio che mi piace moltissimo: simbolista, insegna ad Harvard, ha scritto un sacco di libri e grazie alla sua memoria eidetica riesce a risolvere enigmi che sembrano impossibili (anche se A. Pope era davvero una scemata e non si poteva tradurre con “un papa”, Robert, mi sei caduto su questo!).

Da questo romanzo poi è nato il tormentone del “oh mio dio, sotto al Louvre potrebbe esserci Maria Maddalena!” e invece non c’è un bel niente. La cosa mi fa ridere, però, in effetti, l’idea di fondo non è affatto male e Dan Brown è riuscita a sfruttarla al massimo delle sue possibilità. Infilandoci i Templari e il Santo Graal è riuscito a creare un romanzo che intriga e, vi dirò, non stanca mai, nemmeno dopo vent’anni.

Personalmente Leonardo Da Vinci non è il mio pittore preferito, soprattutto quel quadro, la Gioconda, è quello che mi piace meno di tutti e che in quattro volte che sono stata al Louvre, una l’ho vista e tre l’ho saltata a piè pari. Ovviamente il simbolismo legato all’Ultima Cena e a Leonardo Da Vinci ci sta tutto, perchè Leonardo stesso era un genio e nascondeva nei suoi quadri significati assurdi, come l’asimmetria della Gioconda, o l’Adorazione dei Magi o le tre Vergini delle Rocce sparse per il mondo, con ciascuna un pezzo in più del puzzle che serve a decifrare l’inghippo di quei quadri.

La trama di questo libro la conosciamo tutti, inutile stare a snocciolarla qui.

Basti pensare che, dopo vent’anni di pubblicazione, resta uno dei libri più letti al mondo e rileggerlo non mi è dispiaciuto affatto. Lo stile di scrittura di Dan Brown e la traduzione di Riccardo Valla sono sempre ben accetti e se vi serve un libro per superare un briciolo di blocco del lettore, questo potrebbe essere una soluzione, perchè non è affatto impegnativo, a parte i cavilli e gli indovinelli, ma Dan Brown riesce ad accompagnarvi per mano a scoprire cose mirabolanti (e storicamente false, sia chiaro), ma pur sempre intriganti.

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